ARCHITETTURA e nuove presenze delle superfici VALORI DI SUPERFICIE_"L'architettura ha semplificato le sue superfici, ma le va rivestendo di materiali incorruttibili: perchè con la mancanza di aggetti, di pietre, di gronde, gli intonaci invecchiano male, specie nelle atmosfere cittadine grevi di residui di nafta. Occorrono rivestimenti che la pioggia stessa lavi, e che si accordino sia con i materiali moderni dei serramenti, come l'alluminio, sia con i materiali tradizionali, come il legno. ...Questi materiali, vecchi e nuovi, ora vanno "movendosi", vanno cioè movendo con rilievi la superficie che essi rappresentano...il rivestimento acquista (e fa acquistare all'architettura) nuovi valori- valori plastici sotto il cielo, sotto il sole, nelle luci notturne, brillando e mutando di aspetto col volgere delle ombre (e s'agginga a tutto questo il colore...). Giò Ponti, Domus, n° 328, 1957 La presenza dello schermo è una sorta di “paesaggio originario e primitivo” per le nuove generazioni, abituate sin quasi dalla nascita alla “epifania” dell’immagine in movimento attraverso una superficie.
Oggi l’elemento bidimensionale delle superfici, degli schermi fa parte del nostro immaginario, del nostro paesaggio abituale ed è talmente forte che è pressoché impossibile prescinderne nella ricerca architettonica contemporanea. Robert Venturi, architetto e critico, è il primo a teorizzare un ritorno alla decorazione e all’ornamento in maniera anche ludica e autoironica per l’architettura. Egli lavora all’interno della corrente Post Modern alla rottura dell’impalcatura concettuale del Movimento Moderno. Herzog & De Meuron si formano vicino ad Aldo Rossi e quindi non hanno forte interesse per fatti di natura specificatamente spaziale. Lavorano su elementi stereometrici e concentrano la forza dell’architettura sulla pelle, sul trattamento della superficie, sui materiali. Jean Nouvel è una personalità rabdomantica ed è un personaggio che è riuscito a cogliere degli aspetti importanti della società contemporanea frammentata nelle sue molteplici sfaccettature (cinema, moda, televisione, pubblicità ecc…) e a farli diventare parte integrate delle sue architetture. Nella sua maniera di affrontare il tema della superficie e della bidimensionalità, Nouvel è riuscito a conferire alla superficie a due dimensioni una caratterizzazione di rivelazione di una profondità. Istituto del Mondo Arabo, Parigi, 1987 Qui la comunicazione fra uomo e edifico avviene, oltre che a scala architettonica, a livello antropologico-culturale. Il prospetto diventa metafora di un’osmosi comunicativa fra culture diverse.
Fondazione Cartier, Parigi, 1994 “Se ho tre piani di vetro in parallelo, che cosa vedo? C’è un gioco di riflessi nell’edificio Cartier che è la conseguenza di certe immagini sovrapposte, astratte, virtuali, che finora abbiamo visto apparire solo sui computer” (Jean Nouvel) In questo progetto Nouvel usa il vetro come catalizzatore della nuova architettura. Muovendosi dal canone tipico dell'architettura industriale, Nouvel opera una trasformazione: la trasparenza, catalizzatore delle architetture “gropiussiane”, oggettiva pur nella rottura con i canoni prospettici della tradizione, diventa soggettiva, decorativa, illusionistica, rivelata nel valore in sé, in quanto valore di schermo. Quella che Nouvel crea è una superficie ambigua e continuamente mutante, caratterizzata dal coinvolgimento dello spettatore in un gioco di alternanza tra immagini reali-immagini riflesse, tra reale e virtuale. Torre Agbar, Barcellona, 2003 “La superficie dell’edificio fa pensare all’acqua: liscia, continua, ma anche vibrante e trasparente, perché la sua materia può essere interpretata come una profondità indefinita e colorata, ricca di luminose sfaccettature.” (Jean Nouvel) Nella torre di Barcellona, Nouvel riesce a creare una vera e propria “architettura pixelata” riuscendo a cogliere nella dimensione dello schermo un nuovo valore estetico. Il sistema superficiale è formato da due pelli per cui con la semplice apertura della pelle esterna e con piccole variazioni di colore e di posizione si percepisce la connotazione intrinseca tra superficie e oggetto. Vi è una trasposizione molto interessante dell’estetica del pixel, della texture, dello schermo: ciò è evidente entrando nell’atrio dove il misticismo di Ronchamp si trasforma nell'idea di essere parte e all'interno di un computer. Anche le architetture di Toyo Ito esprimono la nuova bidimensionalità, non superficiale e decorativa, ma profonda, che diventa struttura dell'architettura stessa. In conclusione, gli ambienti virtuali in cui lavoriamo influenzano il nostro modo di concepire le cose, entrano in alcuni aspetti della ricerca artistica e architettonica contemporanea. La presenza degli schermi e dei pixel si fa opera d'arte e di architettura non meramente tramite l'evocazione dell'eletronica ma attraverso una maniera e un'idea di progettazione totalizzante in cui il mondo digitale entra in contatto e pian piano si mischia, confondendosi, con la vita e la dimensione reale. |